Identità visive
Lo spazio non ha un corpo ma ha una fisionomia: i suoi tratti identificativi riusciamo a vederli in quel preciso istante in cui, dopo averlo osservato, chiudiamo gli occhi e “facciamo buio”: sono linee, angoli, parallele illuminate dal ricordo ricalcato per una frazione quasi inutile di tempo nel nostro nero provocato. Sono le medesime linee che ci hanno condotto lì e da lì ci condurranno oltre.
Quando riapriamo gli occhi tutto può essere stato ricombinato in armonie infinite ma differenti: tutto tranne le linee indiscutibili che avevamo registrato: sono quelle che, alla fine, restituiscono allo spazio la sua familiarità.
Noi non siamo nel luogo ma ne facciamo parte: ogni frazione, ogni selezione, ogni prospettiva che osserviamo è pensata in maniera irripetibile ed è la nostra proiezione nello spazio. Il luogo, dunque, come estensione irripetibile, come geometria inclassificabile che non mantiene i propri margini, se non durante i pochi istanti nei quali ci appartiene, con i suoi colori indefiniti ma necessari.
Il presente progetto non ha un termine: verrà montato e smontato continuamente per il solo motivo di non rappresentare nulla di concreto, ma soltanto una scenografia in cui mi muovo e afferro qualcosa (occorre sempre prendere qualcosa da luogo che abbiamo di fronte) prima che muti definitivamente nella forma e nel colore.